La fame e la qualità

Un articolo di Massimo Bolla

Da quando nel 2007 la crisi ha bastonato l’Italia ed i suoi imprenditori, ho sentito la politica gridare forte che l’Italia si sarebbe salvata con la qualità dei suoi prodotti.

Secondo chi governava il paese, il Made in Italy sarebbe stato motivo sufficiente per prosperare: il resto è storia, ovvero, centinaia di migliaia di imprenditori che a luglio 2007 rappresentavano delle eccellenze, nel settembre dello stesso anno erano alla canna del gas, additati come sfruttatori incapaci, ignoranti di marketing, ed evasori.

A distanza di 11 anni forse sarebbe il caso di riflettere, visto che in questo spazio si parla di qualità, sulla veridicità dell’equazione qualità=successo, e, soprattutto, provare a fare qualche proposta per ricominciare ad alzare la testa.

Prendiamo atto che questa non è una crisi, ma un cambiamento deliberato di sistema economico, e che quindi i problemi non spariranno, ma, anzi, si acuiranno, e una soluzione va trovata, possibilmente subito perché il tempo stringe.

 

Cosa è la qualità di cui parlava la politica

Iniziamo a dire che non ha niente a che fare con le certificazioni e, molto poco, con il livello tecnico dei prodotti che vendiamo.

Ha invece molto a che fare con l’immagine (marketing) ed il posizionamento (marketing).

Quindi, se ti metti a fare, oggi che non sei nessuno, che non ti conosce nessuno, prodotti di altissimo contenuto tecnico, se non hai una struttura di marketing importante che ti crea una immagine forte, salti per aria.

Quindi, Made in Italy non è sinonimo di successo, e qualità neppure.

Che i governanti parlassero per “motivare” gli italiani ad accettare sacrifici non ci sono dubbi, che negli anni le PMI abbiano cercato (e solo in alcuni casi trovato) il modo di sopravvivere comunque, è indiscutibile, ma preso atto che dopo 11 anni di austerità le cose stanno diventando drammatiche cosa facciamo della nostra supposta qualità dei prodotti?

Intanto faccio un’altra domanda: ma le aziende che hanno sti prodotti di grande qualità hanno un sistema qualità?

Ferrari, per fare un nome noto, si è certificata ISO 9001 nel 2015 (mi sarei aspettato una certificazione automotive effettivamente), ma c’è da dire che la sua immagine di super sportiva se l’era fatta ben prima, senza avere un certificato.

E quante sono le aziende italiane che si sono certificate negli anni?

Ecco il grafico basato su dati ISO, a cui ho aggiunto i dati Eurostat sulle variazioni di PIL nello stesso anno:

Nel 2017 risultavano circa 97.000 certificati, in calo per non meglio precisate variazioni nel sistema di conteggio.

Ma guardiamo cosa è successo al mondo delle certificazioni dal 2010 in poi: si è fermato. Gli imprenditori hanno smesso di certificare le aziende, non credendo più che fosse un buon investimento, mentre prima, sollecitati dalla promessa qualità=mercato c’è stato un forte incremento.

Sono numeri da vedere, sono lì, non lo dico io.

Il PIL scendeva e gli imprenditori investivano… fino a quando si sono rotti le scatole ed hanno capito che non era quella la qualità di cui si parlava.

 

Cosa deve fare una azienda che fa Made in Italy?

Scordati che basti scrivere Made in Italy sui tuoi prodotti per vendere all’estero, e, onestamente, non tutti i prodotti che vedo con scritto Made in Italy sono meglio degli altri.

Se fai qualità, ovvero realizzi prodotti/servizi che hanno un maggior valore per il cliente, rispetto alla concorrenza, la prima cosa che devi fare è farlo sapere ai tuoi potenziali clienti.

Ma chi sono i tuoi clienti potenziali? Chiunque respiri?

No, esattamente come la Ferrari si rivolge solo ad una certa fascia di mercato (trascurerà, per esempio, i molto più numerosi clienti della Panda), anche tu devi capire bene, con attente analisi di mercato, quali sono i clienti che percepiscono il tuo prodotto/servizio come di maggior valore per lui.

Non vai bene per tutti, mettitelo in testa subito: nemmeno la Apple, per fare un altro nome noto, piace a tutti, quindi cerca di capire cosa ti sto dicendo.

Intanto, quali clienti apprezzano il Made in Italy?

Questi clienti, all’interno del Made in Italy, cosa apprezzano di più?

Prosegui l’analisi e cerca di capire se tu sei idoneo per incunearti un una nicchia particolare dove puoi rappresentare il leader di mercato, il migliore: purtroppo ti accorgerai che spesso non hai nessun vero vantaggio rispetto alla concorrenza ed è qui che capisci perchè fai una fatica bestia a sopravvivere.

Quindi, oltre al super sfruttato marchio Made in Italy, cosa vuole il cliente?

Sei in grado di fornirglielo in modo maggiormente soddisfacente rispetto agli altri?

Il Made in quello che vuoi non conta, conta il cliente che pensa che tu vada meglio degli altri.

Ecco perché non credo che esista il migliore in termini assoluti tra Ferrari e Lamborghini, ma sta di fatto che ognuno dei marchi ha dei fans che ritengono di guidare il prodotto migliore.

 

Cosa c’entra la qualità con il marketing

La risposta te la daresti facilmente anche tu se studiassi entrambe le materie in modo approfondito.

Ti provoco un po’ permettimelo: il tuo prodotto di qualità lo posso copiare facilmente, la tua immagine no.

Sai perché dico ciò?

Perché la creazione dell’immagine dipende anche dal momento in cui sei andato sul mercato. Se sei stato il primo ti sei creato una immagine, se sei il secondo sei solo un copione, o, al massimo, un miglioratore dell’idea del numero uno.

Quindi, ancora una volta, cosa fai di diverso dagli altri?

Dire che i tuoi prodotti sono di maggiore qualità e che sei orientato al cliente non vale niente (se non lo dicono i clienti): perché devo comprare i tuoi prodotti invece che quelli di altri mille come te?

Mettiti nei panni di un cliente che non ti conosce bene e dammi una risposta alla domanda precedente?

Un conto è fidelizzare un cliente, un conto è trovarne uno nuovo.

 

E’ finita la moda delle certificazioni?

E’ finita perché ormai l’imprenditore ne conosce i limiti, e con le vacche sempre più magre non c’è spazio per sistemi e teorie che risultano inefficaci e, più che inutili, dannose.

Chi è certificato perché deve, continuerà a mantenere vivo il sistema, magari cercando di snellire il più possibile i processi e, urlo io, eliminando le cartacce inutili.

Chi invece non ha ancora un sistema certificato dovrà comunque migliorare il più possibile i suoi processi per essere efficiente e fare margini da reinvestire in marketing, l’unico processo di cui si parla pochissimo nel sistema qualità e senza il quale nessuno ti conosce e nessuno ti compra i prodotti.

Ti suggerisco di leggere gli altri articoli che ho pubblicato su questo blog e poi di registrarti su MyMax Work per iniziare a rendere efficiente il tuo sistema qualità (certificato oppure no) eliminando tutta la carta inutile, ed imparando ad utilizzare strumenti in grado di farti conoscere il più possibile, comunicando perché i clienti si devono fidare di te invece che della concorrenza.

 

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